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Riforma del lavoro: riduzione dei contratti e introduzione dell’assicurazione sociale    permalink
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Si discute parecchio negli ultimi giorni della possibile riforma del lavoro, che culmina in particolare in un processo di revisione dell'articolo 18, del quale si parla tanto. La discussione sull'articolo 18 vede diverse contrapposizioni, anche se si è raggiunto un certo punto di incontro sugli armonizzatori sociali e sulla flessibilità. Come ha riferito Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, l’idea è quella di far restare in vigore l’articolo 18 solo per i licenziamenti discriminatori, come i motivi di razza, di religione, di maternità, di convinzioni politiche.

Potrebbero arrivare i primi risultati per quanto riguarda il discorso sulla riforma del lavoro grazie agli incontri che si stanno tenendo tra le parti sociali ed il governo in questi giorni. Tra queste novità innanzitutto pare si siano trovati i fondi per gli ammortizzatori sociali, di cui dopo, che verranno presi dai risparmi che giungeranno dalla riforma pensioni. Altra importante novità sono le assicurazioni sociali, di cui dopo.

Giro di vite anche sulle partite iva fittizie e sulle false contrattualizzazioni lavorative che sono formule usate prevalentemente nel settore dei servizi e costituiscono una entrata sbagliata poichè non assicura le dovute tutele ai lavoratori. Inoltre una importante novità riguarderà l'art.18 in merito alla possibilità di sfruttare una modalità tedesca di reintegro nel posto di lavoro: si avrà diritto solo al reintegro o indennizzo per 18 mensilità ma non più entrambi.

Novità ci saranno, comunque, per quanto riguarda la conciliazione dei tempi lavoro-famiglia sia per gli uomini che per le donne e anche per quanto riguarda la pratica delle dimissioni in bianco. Questo è quanto annunciato ultimamente dal ministro Fornero la quale ha detto che in un paio di settimane si riuscirà a trovare il veicolo normativo in grado di poter annullare questa pratica indegna.

Ha inoltre annunciato che a brevissimo ci sarà un tavolo per gli accordi con sindacati e lavoratori che dovrebbe finalmente andare a chiudere la questione lavoro e ha anche detto che non ci saranno ulteriori tagli alla spesa assistenziale poichè ancora adesso si stanno scontando i tagli effettuati in passato.

Di seguito ulteriori approfondimenti volti a chiarire tutti i punti della riforma.

I contratti

Grandi passi verranno poi fatti in merito ai contratti di lavoro: si punterà tanto sull'apprendistato, le cui novità saranno spiegate meglio nella sezione dedicata, e sulla semplificazione della parte burocratica legata alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro.

Per cercare di organizzare meglio la giungla nella quale ci si muove, pur non arrivando a semplificazioni estreme come vuole Confindustria, si procederà con una maggiorazione dell'aliquota per quanto riguarda i contratti a termine in modo da svataggiare le aziende a sfruttare tale tipologia contrattualistica (l'aliquota sarà dell'1,4%).

Così facendo si sfrutteranno maggiormente i contratti di apprendistato che costeranno meno alle aziende in quanto hanno dei contributi da pagare nulli o comunque bassissimi. Durante l'apprendistato il lavoratore non potrà essere licenziato se non per giustificato motivo e dovrà avere una formazione certificata.

Al termine dell'apprendistato l'azienda potrà decidere se stabilizzare il lavoratore con un contratto a tempo indeterminato o se terminare il rapporto di lavoro. Per fare tutto questo ci sarà però bisogno dell'adeguamento delle leggi regionali nel minor tempo possibile.

Le assicurazioni sociali

Si chiamerà assicurazione sociale per l'impiego (Aspi) il nuovo ammortizzatore sociale che il Governo introdurrà per garantire un'integrazione al reddito per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e per i dipendenti con contratto a termine del settore pubblico. Questa mossa manda in pensione le indennità di mobilità, gli incentivi di mobilità, la disoccupazione per apprendisti, e tutte le altre forme di indennità introdotte con il lungo regime delle deroghe.

A partire dal 2013 sparirà la mobilità per i lavoratori al di sotto i 39 anni che ad oggi era di 12 mesi per lasciare spazio al nuovo ammortizzatore che sarà di 8 mesi per arrivare gradualmente a 12 entro il 2016. I lavoratori fino a 49 anni che adesso godono di mobilità fino a 24 mesi arriveranno anche loro ai 12 mesi di Aspi entro il 2016 e la stessa cosa sarà per i lavoratori entro i 54 mentre per quelli over 55 anni nel 2016 ci si fermerà a 18 mesi e il passaggio sarà ancor più graduale con l'avanzare dell'età.

Questo sistema si andrà ad affiancare alla cassa integrazione che non dovrebbe essere toccata mentre verrà ridotta la cassa integrazione straordinaria alla quale le imprese accedono per affrontare ristrutturazioni o riconversioni. I requisiti di ammissibilità all'Aspi saranno particolarmente flessibili: si parla di due anni di anzianità assicurativa e almeno 52 settimane di lavoro nell'ultimo biennio e vedrà un assegno massimo di 1.119 euro che subirà un abbattimento del 15% ogni sei mesi.

Articolo 18: la situazione in Italia

Il premier Monti, in visita al presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che entro la fine di marzo la riforma sarà operativa e tenderà a ridurre l'eccessiva frammentazione del mercato del lavoro per limare le differenze tra coloro che sono eccessivamente protetti dalle norme e i giovani che invece hanno difficoltà ad inserirsi nel mercato.

Intanto la Fornero procede con gli incontri che si protrarranno nei prossimi giorni per cercare un punto di accordo valido per smussare gli angoli della spigolosa questione sui licenziamenti che i sindacati non vogliono venga toccata affermando che la riforma dei licenziamenti non porterà da nessuna parte, nonostante sia di dominio pubblico la convinzione che così non è poichè per far ripartire il mercato del lavoro c'è bisogno di maggiore leggerezza e minore burocraticità per le aziende che, dato il periodo di profonda crisi, troppo legate hanno le mani.

Mentre attendono un nuovo incontro con il governo, i sindacati attaccano nuovamente sia sull'art.18, che come sempre, a parer loro non sarà un intervento risolutore in ambito di creazione posti di lavoro ma, soprattutto, parlano di come gli ammortizzatori per il mercato del lavoro e per il settore pensionistico debbano essere strutturati andando a colpire i patrimoni più ingenti.

Da parte della Fornero, ultimamente, c'è stato uno stop sulle mosse relative all'apmliamento della platea di "salvati" prima della riforma che permetteva a coloro che avevano raggiunto i 42 anni e un mese di anzianità lavorativa pur essendo under 62 concedendo solo una proroga a coloro che non sono riusciti ad andare in pensione entro il 31 dicembre scorso ma che hanno terminato l'attività lavorativa entro tale data.

A cura di Gianluca Rini

Per gli altri casi invece si potrebbe prevedere l’attribuzione di un’indennità economica in base all’anzianità del lavoratore licenziato.

Non si sa se ancora il governo si spingerà verso questa decisione, ma, dal canto loro, i sindacati vorrebbero introdurre i licenziamenti nell’ambito della legge 223 del 1991.

Inoltre, se il tutto dovesse risolversi tramite un accordo con il sindacato, è previsto il pagamento dell’indennità di mobilità che rinunci di rivolgersi al giudice per essere reinserito nel suo posto di lavoro. In caso di intervento del giudice l’azienda potrebbe pagare una sanzione economica.

Sull’articolo 18, come si può leggere sul Corriere della Sera: “In tema di rimedi però l’applicazione rimane ristretta: infatti in Italia il giudice può solo decidere per la conferma del licenziamento oppure per il reintegro del lavoratore. In quest’ultimo caso solo lo stesso lavoratore può decidere di rinunciarvi a favore di un pagamento in denaro. E se il dipendente opta per il risarcimento, il datore di lavoro non può sottrarsi al pagamento nemmeno dichiarandosi disponibile alla reintegrazione.

Il giudice quindi nel nostro Paese non può condannare il datore di lavoro al pagamento di una sanzione. Un fatto che spesso invece viene messo in atto negli altri Paesi europei.

Deve essere anche considerato che spesso i processi di questo genere vanno avanti anche per otto o dieci anni, lasciando nell’incertezza sia i lavoratori che le aziende e ponendo dei forti limiti allo sviluppo del mercato del lavoro.


L'articolo 18 e i numeri delle assunzioni

Sempre al lavoro sulle proposte per mettere d'accordo sindacati e lavoratori i ministri del governo Monti continuano a riflettere sulle possibili mosse da attuare. La riforma dovrebbe essere varata entro fine marzo come annunciato preventivamente da Mario Monti e dalla Fornero stessa la quale ha inoltre dichiarato che, nonostante sia contraria a forme di obbligo nella legislazione lavorativa, si prevede anche un obbligo per il periodo di paternità che andrebbe ad eliminare un gap tutto italiano rispetto agli altri paesi.

Già ad agosto la Bce aveva chiesto all'Italia di superare le problematiche relative ai posti di lavoro ed in particolar modo quelli che sono i problemi del reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa.

Su questo e sulla fiscalità si lavorerà secondo Passera poichè uno degli obiettivi primari è quello di recuperare gli investimenti esteri in Italia indispensabili per sostenere la crescita del Pil andando a giocare sulla flessibilità in ambito lavorativo.

Per quel che riguarda il contratto unico, di cui tanto si è parlato, ci dovrebbe essere l’introduzione del CUI, contratto unico di ingresso, che si comporrà di due fasi: una di ingresso, appunto, che potrà durare fino a tre anni e una di stabilità nella quale il lavoratore godrà di tutte le garanzie offerte oggi ai lavoratori assunti a tempo indeterminato.

Di certo, comunque, al momento ci sono tre proposte per riformare lo stagnante mercato del lavoro che vedrà la riforma in atto come una mossa volta sia a rendere maggiormente flessibile tale mercato sia a tutelare l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, come dichiarato anche dal premier Monti.

Le richieste dei precari

Da qualche tempo è sorto un comitato chiamato Il nostro tempo è adesso che raccolgie una decina di richieste portate avanti dai precari per avere quelle che sono a detta loro le tutele minime per questa categoria svantaggiata di lavoratori.

Tra le richieste portate avanti ci sono un contratto stabile, l'ampliamento degli ammortizzatori sociali e un reddito minimo di inserimento con l'apertura di un dibattito pubblico che ponga al centro le esperienze e i desideri dei precari senza tralasciare le esigenze delle parti sociali e delle istituzioni.

Leggi qui il nostro approfondimento sulle modifiche all'articolo 18

Leggi qui ulteriori approfondimenti sulla riforma del lavoro

Tempo indeterminato ma con tutele graduali

La riforma del mercato del lavoro proposta da Tito Boeri e da Pietro Garibaldi si caratterizza per essere comprensiva di tutte le fasce di lavoratori, non solo i giovani, prevedendo fin dall’inizio un contratto a tempo indeterminato per il quale però, per i primi tre anni, vengono soppresse le parti dell’articolo 18 relative alla riassunzione in caso di licenziamento ingiustificato.

La situazione sarebbe dunque mitigata gradualmente poiché, col passare degli anni, il licenziamento diventerebbe eccessivamente oneroso. Sono infatti previsti rimborsi in caso di licenziamento senza giusta causa pari a sei mensilità di lavoro. Questa tipologia di contratto vedrebbe poi, al passare dei tre anni, integrati tutti i diritti dell’articolo 18.

Flexicurity

Il giuslavorista Pietro Ichino ha proposto un disegno di legge basato sul concetto di flexicurity ovvero l’accettazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato reso più flessibile da diverse tecniche di protezione della stabilità. Dopo un periodo di prova di sei mesi il lavoratore viene assunto ma senza la protezione dell’attuale articolo 18: nel caso di licenziamenti per motivi economici od organizzativi, però, il lavoratore incasserà un’indennità fino ad un massimo di 18 mesi di stipendio.

Contestualmente verrebbe creata una assicurazione contro la disoccupazione in grado di andare a maggiorare l’assegno dei senza lavoro con una durata di massimo tre anni partendo da una percentuale sullo stipendio precedentemente percepito del 90% decrescente negli ulteriori due anni fino ad arrivare al 70%. La condizione unica per non perdere tale diritto è che il lavoratore non si rifiuti di partecipare alle attività mirate di riqualificazione professionale e alla rioccupazione.

Il principio alla base di tale progetto è che una ricollocazione del lavoratore andrebbe a costare meno alle imprese.

Apprendistato

L’apprendistato viene visto come il modo più veloce e migliore per risolvere almeno in parte i problemi della disoccupazione giovanile. Per renderlo maggiormente fruibile da parte di tutti i giovani c’è l’accordo tra i sindacati e Confindustria anche perché affronta in modo molto semplice il problema relativo all’articolo 18 prevedendo un periodo di sospensione nei primi tre anni di formazione.

Si rivolge ai giovani tra i 16 e i 29 anni e obbliga i datori di lavoro ad organizzare e portare avanti una effettiva opera di formazione professionale sia tramite il trasferimento di competenze tecnico – scientifiche sia attraverso l’affiancamento pratico per l’apprendimento da parte del giovane delle modalità operative.
Bisognerebbe solo fortificare i vantaggi a livello fiscale e contributivo da ambo i lati, quello dei giovani apprendisti e quello dei datori di lavoro.

I numeri delle assunzioni

Andando a toccare l'articolo 18, sempre che non si proceda con una abolizione totale di questo, molte aziende, se dovesse essere innalzato il livello minimo di garanzie per il numero di lavoratori, resterebbero scoperte: cosa che accade comunque già adesso. Infatti già ora che la soglia minima di lavoratori per l'utilizzo dell'art.18 è di 15 dipendenti si ha uno scoperto della maggior parte delle aziende italiane, tutte al di sotto di questi numeri.



pubblicato il: 13/03/2012 - 10:33

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